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Mandragora Provato

MANDRAGORA

Abbiamo provato Mandragora: Whispers of the witch tree, l’ultima fatica di Primal Game Studios, un action rpg a scorrimento laterale in 2,5 D in salsa metroidvania con evidenti spruzzi di souls like.

Un pò troppi generi mescolati insieme, direte voi? In effetti non è facilissimo inquadrare Mandragora, ma forse non è neanche un’operazione così essenziale: molto più importante è analizzare le sensazioni che lascia dopo alcune ore dedicatigli.

MANDRAGORA a petto in fuori
A petto in fuori

Mandragora: un ottimo mix di generi ben amalgamati tra loro

Per quanto riguarda la lore e la storia, che pure fa parte integrante del gioco, con svariate sequenze di intermezzo con i personaggi non giocanti, con i quali potrete dialogare, vi rimando bellamente all’hands-off dell’ottimo Enrico Andreuccetti.

A noi interessa soprattutto mettere ordine tra tutte le caratteristiche del gioco, epurarlo del “già visto” e stabilire se quel che rimane abbia le carte in regola per farci attendere il 17 aprile prossimo venturo, data di rilascio del gioco per le principali piattaforme (PC, Ps5 ed Xbox).

Sono molti i titoli del passato che vengono, più o meno marcatamente, richiamati alla mente accingendosi ad avanzare nel mondo in 2,5 D finemente disegnato dagli autori. Alcuni per le atmosfere gotiche e lo stile principale di gioco (Castelvania), altri per la bellezza dei fondali e lo svilupparsi della mappa di gioco nel più classico dei metroidvania (Ori and the will of the wisps), altri ancora per una sensazione di difficoltà elevata ma non così punitiva da rasentare l’impossibilità (Ghost’n goblins più che Elden Ring, ricordato casomai per altri elementi).

MANDRAGORA 2,5D
2,5 D di ottima fattura

In realtà nessuno di questi titoli è paragonabile a Mandragora, perchè pur prendendo da molti di essi – e da tanti altri già visti e giocati – se ne differenzia principalmente per  il sapiente dosaggio di una moltitudine di elementi e generi diversi. E’ questo che fa la differenza, giacchè gli ingredienti, come per tutte le ricette, sono appannaggio di chiunque, ma il giusto equilibrio ed amalgama tra gli stessi lo sono solo dei maestri.

Ma insomma, a che genere appartiene Mandragora?

E’ forse un metroidvania? Senz’altro, se consideriamo che la mappa di gioco è tutta da scoprire ed è necessario ritornare sui propri passi, meglio ancora se con ulteriori abilità. A tal proposito va detto che l’esplorazione è tutt’altro che scontata: più si progredisce e più la mappa diventa ramificata, e si scoprono modi sempre nuovi per proseguire ed interagire con il mondo di gioco; le sorprese son dietro l’angolo, anche in location all’apparenza familiari e già visitate.

Ma è anche un rpg? Sicuro. Basti pensare che possiamo scegliere il protagonista tra sei classi (solo tre nella demo provata), che i nemici droppano monete ed items tra i più disparati; che il personaggio passa di livello grazie all’accumulo dei punti esperienza ed è dotato di magie ed equipaggiamento a tutto tondo, il cui peso influenzerà l’agilità del personaggio e le sue abilità di movimento fondamentali. Ogni oggetto dona dei surplus alle caratteristiche di base, e sono ben visibili su schermo tre barre identificanti l’energia, la stamina (che si consuma correndo, saltando ed attaccando ma si ripristina rapidamente) ed il mana. Interagendo con gli npc potremo affrontare decine di quest secondarie ed ottenere items che possono fare la differenza ma non sono imprescindibili per l’avanzamento. E’ possibile raccogliere elementi da rivendere o da utilizzare per il crafting.

MANDRAGORA inventario
Il menù non è quello dei classici metroidvania

Ma non era accomunabile anche ai souls like? Sebbene sussistano elementi marcatamente ripresi da tale archetipo, come i punti di ristoro presso i quali riposarsi e ripartire dopo la morte del personaggio, e verso i quali viaggiare attraverso la mappa, o gli alberi della abilità (ben 6 come le classi, ma addirittura interfacciabili tra loro una volta raggiunto il 25° livello) scalabili attraverso le essenze, ottenibili dai nemici uccisi in combattimento, e che, se non utilizzate presso i punti di ristoro, perdiamo per sempre qualora dovessimo morire nuovamente prima di recuperarle, proprio come nei giochi della From Software, l’essenza piena dei souls like non è del tutto rappresentata, complice l’elemento difficoltà, sempre tosto ma maggiormente permissivo.

MANDRAGORA rest point
Il classico rest point

Certo, in Mandragora si muore spesso e volentieri, ed in mille modi diversi (sono riuscito ad uccidermi anche tirandomi un ascensore addosso): le altezze sono il nemico più pericoloso, ed il mondo in 2,5 d è l’ideale per nascondere trappole e passaggi segreti o per mimetizzare quella piattaforma ingannevole che scoprirete essere solo un elemento del fondale. Addentrarsi per i meandri del mondo di gioco senza conoscere le insidie che vi si celano contribuisce ad accrescere una sensazione di paura e di ignoto che giova all’opera.

Anche perchè ci muoviamo in un mondo vivo – non open world – ma vivo e con il quale viene spontaneo interagire: completare una quest non si rivela fine a sè stesso ma spesso apre porte e sezioni della mappa.

Disquisizioni tecniche e gameplay

Graficamente Mandragora è proprio un gran bel vedere: i fondali sono fantastici ed artisticamente molto ispirati (ed inspiranti). Come al solito i dettagli fanno la differenza, ed il gioco ne è pieno: basti pensare al sangue che rimane addosso al personaggio dopo i combattimenti, al calpestio nelle pozzanghere, alle animazioni ed agli effetti sia in game che nei fondali, utili come detto anche a mascherare vie di accesso.

Ogni tanto nella demo abbiamo assistito a dei vistosissimi cali di frame rate che però, per la loro sporadicità e per i momenti di gioco nei quali si sono presentati (non particolarmente concitati o pieni di chissà quali presenze su schermo) sono senz’altro attribuibili alla natura di beta del gioco provato su PC (qui la pagina di steam del gioco).

Le musiche sembrano ben orchestrate e fungono da buona atmosfera senza essere troppo invasive.

La giocabilità è molto piacevole: ogni tasto ha un’abilità attribuita, possiamo cambiare set di attacco e di magie, che possono essere a loro volta potenziate; la responsività dei colpi è perfetta, ed i decessi sono tutti attribuibili alla mancanza di timing, mai a latenza dei colpi o a risposte strane del protagonista. Ottime le animazioni dello sprite principale ed i movimenti effettuabili: si può scivolare veloci lungo le scale e rotolare al di là del nemico, donando una benvenuta varietà ai combattimenti. Le boss fight ed i nemici in generale si distinguono tra loro, allontanando quella monotonia che l’atmosfera cupa, permeante tutte le parti della mappa giocabile sinora, rischia di attribuire all’esperienza: avremmo gradito, vista la bellezza dello stile artistico, una maggiore varietà di ambientazioni negli schemi.

Il gameplay, vista la sussistenza di tutti gli elementi sopra citati, risulta giocoforza profondo e sfaccettato, ma il mood generale è quello di un arcade, di un metroidvania puro.

Considerazioni finali

Al netto dello stato di sviluppo del gioco, alquanto avanzato a dir la verità, e delle migliorie promesse per l’edizione definitiva, non ultima la presenza della lingua italiana, sempre alquanto gradita vista la quantità dei dialoghi, l’impressione che Mandragora lascia è quella di un gran bel gioco, da tenere senz’altro d’occhio in vista del prossimo rilascio.

MANDRAGORA dialoghi
I personaggi non giocanti alimentano le quest

Il rischi di mettere troppa carne al fuoco e di inserire troppi elementi di generi diversi è presente, ma al momento sembra scongiurato da una sapiente miscela che lascia sensazioni positive ed invoglia a proseguire il gioco e ad attenderne l’uscita, consci anche della resa artistica, davvero sublime in molti frangenti.

In definitiva, pur non gridando al miracolo innovativo, si tratta di un esperimento di compenetrazione di generi interessante e, quel che più conta, tralasciando la nomenclatura del genere di appartenenza, Mandragora è divertente e bello da vedere e da giocare. Di questi tempi non è poco!